E’ più forte di noi, non c’è niente da fare. Non esiste educatore o istruttore cinofilo che non abbia la tendenza ad incolpare il proprietario, la parte umana del binomio.
E’ colpa sua se il cane è viziato, è colpa sua se il cane è aggressivo, è colpa sua se il cane non dà retta. Questa è una delle poche cose in cui la cinofilia “vecchio stampo” e la cinofilosofia moderna si incontrano: il proprietario come capro espiatorio di tutto e di tutti.
Mettiamola così: io non ci credo. O meglio, non è che ho particolare simpatia per i proprietari e dunque mi schiero dalla loro parte, più semplicemente cerco di avere empatia e comprensione per loro. Ma ‘sti proprietari esattamente, chi li aiuta a capire davvero i loro cani?
Dall’allevatore staccano l’assegno e tanti saluti. Al canile, una volta sistemata la parte amministrativa (firme, vaccini, obbligo di iscrizione all’anagrafe e sterilizzazione), tanti saluti. Dal Medico Veterinario, visita medica di base e tanti saluti. Tutto qui dunque? Basta questo per avere un cane?! Mamma mia come la fate lunga per così poco!
No, in realtà non basterebbe affatto. Servirebbero corsi di formazione da parte di personale preparato, letture di settore su base scientifica, incontri pratici finalizzati al conseguimento di patentini. Non che queste cose non esistano, ma sono troppo svalorizzate, non sufficientemente sponsorizzate dalle istituzioni (Comuni e Asl in primis) e soprattutto concentrate nel Nord Italia.
Tornando all’argomento principale, i proprietari – spesso e volentieri – sono abbandonati a se stessi. Il loro ruolo è di fondamentale importanza nella vita del cane, ma siamo tutti talmente tanto concentrati sul training, che troppo spesso ce ne dimentichiamo.
Mi trovavo a passeggio in paese con il Beagle di un amico al guinzaglio: un giovane Jack Russell a pelo ruvido libero e senza proprietario ha iniziato a pedinarci. Non era molto amichevole, quando il Beagle tentava di interagire lui iniziava a ringhiare a denti stretti, ma nonostante il mio tentativo di allontanarci, lui continuava a seguirci.
Sembrava avessimo trovato una sorta di equilibrio, quando improvvisamente dalla porta di un bar è sbucata fuori la proprietaria; ha iniziato a richiamarlo per nome, giustificandosi sostenendo che il cane le era scappato. Il piccino tremendo se n’è guardato bene di tornare verso casa e più che la proprietaria lo richiamava, più lui iniziava a manifestare segnali di intolleranza.
A quel punto, ero diventata un po’ intollerante anch’io per osmosi! E’ una grande responsabilità andare in giro con il cane di qualcun altro, di conseguenza sto sempre molto attenta ad evitare situazioni di pericolo.
Ho suggerito alla Signora di attirare l’attenzione del cane con l’ausilio di qualcosa: palline, fischietti, biscotti. Niente da fare. Lei si è avvicinata nel tentativo di riacciuffare il cane e quando è arrivata a qualche metro di distanza è successo il fattaccio: il Jack Russell ha aggredito il Beagle e la zuffa sarebbe proseguita, se io non avessi invitato con il mio solito savoir faire la proprietaria ad allontanarsi e anche velocemente!!!
Nel male è andata bene, perché la Signora mi ha dato retta (forse ripensandoci il mio savoir faire è andato a farsi benedire nel momento in cui le ho urlato “mi faccia un piacere, si allontani che è meglio!!!!) e io sono riuscita a mettere in salvo il Beagle allontanandomi. Nonostante questo, il Jack Russell mi avrebbe quasi seguito! Eh no bellino, allora non hai capito bene qui chi comanda! Ho gonfiato il petto come il più grosso dei culturisti e – visto che la Signora non l’avrebbe recuperato nemmeno con un miracolo della Madonna di Lourdes – ho fatto il tipico gesto con il braccio che fanno le mamme quando ti mandano a fare i compiti. “VAI”! Gli ho urlato. E lui se n’è andato.
Al di là del contesto assurdo e della discutibile civiltà di gente che lascia i cani liberi in paese (soprattutto quando non ne hanno il benché minimo controllo), mi è tornato in mente un evento al quale ho partecipato di recente; un seminario sull’aggressività tenuto a Pisa dalla Dottoressa Schoning, nel quale ci ha mostrato un video dove accadeva qualcosa di analogo: due cani che interagiscono tra di loro con accanto i rispettivi proprietari e nel momento in cui uno dei due umani fa un passo verso di loro, si scatena una discreta rissa. Ma perché accade questo? Spesso sento dire…
Diventa aggressivo perché mi protegge
Questo concetto nasce sicuramente dalla visione arcaica del cane dominante. Ma è veramente così? In realtà, la cinofilia moderna ci racconta ben altro. Nella stragrande maggioranza dei casi, avviene esattamente il contrario: il cane diventa aggressivo perché la vicinanza del proprietario lo fa sentire più sicuro di sé.
Una collega mi raccontava che la giovane Labrador nera di una sua cliente, non gode particolarmente della presenza di altri cani, o perlomeno non di tutti. Un giorno sembrava giocherellare con un cucciolotto di non so quale razza, non era completamente a suo agio ma sembrava tollerare. Sicuramente non aveva dato palesi segnali di aggressività. Onestamente non ho motivo di pensare che mi stesse raccontando il falso! A un certo punto la collega si è avvicinata per recuperare la Labrador ed è partita la rissa…praticamente quasi con le stesse modalità con cui è successo a me! Abbiamo avviato un brainstorming su questo evento e abbiamo appurato che c’è una possibilità che i cani – consapevoli per apprendimento pregresso che la rissa porta all’interruzione dell’interazione – l’aizzino volutamente per porre fine a quella situazione, che con molta probabilità li mette alquanto a disagio.
Nel mio caso la storia era un po’ diversa: teoricamente, il Jackino avrebbe potuto in qualsiasi momento andarsene (essendo libero), se quella situazione l’avesse veramente messo a disagio. Il fatto che continuasse a pedinarci mi lascia pensare che lui comunque una qualche forma di interazione la cercasse. Avevamo davvero trovato una sorta di equilibrio noi tre, la padrona invece – con la sua agitazione, la voce alta e i movimenti del corpo rapidi e confusionari – ha fatto uscire il cane da quella lieve forma di stabilità emotiva conquistata. A questo volevo arrivare: se è vero che io considero il training una sorta di palliativo per quanto riguarda la riabilitazione comportamentale, lo reputo invece eccezionale per i proprietari: insegna loro la calma, la coerenza, la comunicazione efficace e la gestione dello stress.
I nostri cani non sono eroi. Sono creature meravigliose, sensibili e affettuose, ma non sono eroi. Non esiste alcuna prova scientifica che agiscano in quel modo perché ci vogliono proteggere. Quello che possiamo fare in questi casi è attuare un’indagine assieme ad un professionista per capire quali sono i contesti in cui si scatena l’evento aggressivo. Dopodiché, esclusa la patologia comportamentale e/o organica con l’ausilio di un Medico Veterinario Comportamentalista di fiducia, si può iniziare un percorso di riabilitazione nei modi e nei tempi più adatti per quello specifico cane.