Perdonatemi se sarò brutale, ma a parte rare eccezioni dove ho visto razze di cani particolarmente disarmoniche e meticci incredibilmente belli, trovo che il cane di razza ben strutturato sia oggettivamente bello. Attenzione, non sto parlando né di intelligenza, né di simpatia e né di tempra, ma proprio di bellezza puramente “geometrica” (passatemi il termine), quella che guardano gli esperti di cinologia e cinotecnia.
E come potrebbe – del resto – non essere così? I cani di razza vengono appositamente selezionati per avere determinate linee, curve, appiombi, movenze e altre caratteristiche cosiddette “tipiche”, cioè in linea con lo standard di razza. Negare ciò vorrebbe dire negare almeno un secolo di selezione, vanificando lo sforzo che i nostri predecessori cinofili hanno fatto per raggiungere il numero di razze odierno, che sfiora quasi 400. Comprendo e accetto totalmente che alcune persone decidano di non acquistare cani di razza ma piuttosto di adottarne dal canile, ma questo non deve significare dimenticarsi che un tempo il cane era un ausilio per l’uomo, un aiuto indispensabile nella vita di tutti i giorni. Che ci piaccia o no, anche l’amicizia tra cane e uomo è iniziata seguendo quel celebre detto che ci propinava sempre la nonna per consolarci nel pieno della fase di delusione acuta: “Perché un’amicizia tenga, che un cestino vada e uno venga!”. Il nostro dono al cane è stato quello di condividere con lui un giaciglio per riposarsi e un tocco di pane per sfamarsi, il suo “cestino” a noi è stato quello di vivere per sempre al nostro fianco, aiutandoci e sostenendoci nei più svariati lavori. C’è qualcosa che va contro natura in tutto questo? No, direi di no, anzi! Tutt’altro. Chi sceglie di avere un cane come compagno di vita, accetta sicuramente di subire limitazioni nella propria libertà, ma riceve in cambio presenza e affetto illimitati per sempre…personalmente non rinuncerei mai a tutto questo!
Spesso però, mi sono trovata a leggere sui social network commenti sprezzanti del tipo “cane e lavoro non dovrebbero nemmeno stare nella stessa frase”, “gli addestratori altro non vogliono che ammaestrare i cani come si fa al circo”, etc. etc. Parole che mi lasciano sempre un certo amaro in bocca, in quanto ho sempre odiato e sempre odierò le generalizzazioni becere e superficiali dei cosiddetti haters (anche se io preferisco il termine “leoni da tastiera” perchè secondo me rende molto meglio l’idea!): come si può giudicare a prescindere il lavoro di una persona senza nemmeno sapere di cosa si tratta? Se non esistesse l’addestramento cinofilo, non esisterebbero cani per non vedenti, cani per portatori di disabilità, cani di ausilio per la polizia o i vigili del fuoco, etc. etc.; la risposta più frequente che mi danno è “ma come fai a sapere che lavorano volentieri?”
Avete mai visto un Terranova nell’acqua? O un Setter nel bosco? Vi siete mai imbattuti in un Pastore Maremmano a spasso con il gregge o in San Bernardo che si rotola nella neve? Bè, io sì, ed ogni volta mi emoziono come se fosse la prima. Ieri ho trascorso la mia giornata libera facendo giardinaggio in compagnia di un simpatico beagle che vive in famiglia e non ha mai lavorato in vita sua: eppure non si rassegnava a grattare un tronco di legno all’interno del quale – evidentemente – era nascosto chissà quale animaletto! Grattava e mi guardava abbaiando, sembrava proprio dirmi “ehi, guarda, sono stato bravo? E’ qui, proprio qui, aiutami a prenderlo!!”
Eccola lì, proprio lei, quella cosa per cui ho scelto questa formazione, colei per la quale ho scelto questo mestiere. La socialità del cane, che ogni volta mi fa emozionare come se fossi un’adolescente innamorata. Quando un cane ti guarda negli occhi per cercare il tuo aiuto, il tuo sostegno, la tua approvazione. Questa cosa, di solito, avviene in natura solo in due casi: quando si lavora e quando si gioca, due cose che non sono poi così distinte per il cane, se si lavora nel modo giusto.
Qual è il modo giusto per me? Quello in cui non c’è coercizione, né mentale, né fisica. Quello in cui il cane è libero di scegliere se lavorare o meno con il proprio conduttore, quello in cui il cane è fiero ed orgoglioso di lavorare a fianco del proprio compagno! La cinofilia moderna ha anche questo grande merito, quello di aver sovrapposto quasi nella totalità dei casi la figura del proprietario con quella del conduttore: sono ormai rarissimi i casi in cui il cane viene ceduto a terzi “per essere addestrato”…in questi casi, che fine fa la relazione? Come può non esserci solo coercizione o adescamento in questo tipo di lavoro? Si dice spesso che non è il cane a dover essere addestrato, bensì il proprietario. Ed è proprio così! Spesso, c’è solo un problema di comunicazione: se il padrone capisce non cosa chiedere ma come chiederlo, nella quasi totalità dei casi la questione si risolve nel migliore dei modi. Il problema al giorno d’oggi è forse piuttosto un altro, cioè l’incapacità delle persone di ascoltare. Ma l’argomento sarebbe troppo vasto per parlarne in questo frangente! Fare attività con i nostri cani deve in primis significare questo:
Intendo una cosa fondamentale: noi umani abbiamo la brutta abitudine di anticipare l’altro, quando questo non risponde nei tempi che ci aspettiamo. Forse vi farò sorridere, ma questo concetto mi è stato trasmesso dal mio Psicoterapeuta, il Dott. Vincenzo Masini, un giorno in cui partecipai per caso ad una lezione del suo corso per diventare counselor. Disse una cosa che mi rimase profondamente impressa: “i bambini non imparano a parlare poiché le madri – capendo le loro richieste – tendono ad anticiparli”. WOW, quanta verità in questa frase! Così ho iniziato a pormi delle domande sul mio personale modo di comunicare con le persone, ma anche con i cani. Sono giunta alla conclusione che in questi tempi moderni le persone sono troppo di corsa per permettersi di perdere tempo ad imparare a comunicare con il proprio cane! Non si sposta? Lo prendo di peso e lo tolgo. Non si muove? Lo trascino via con il guinzaglio. Mangia qualcosa che non dovrebbe? Invece di proporgli un’alternativa, gli spalanco le fauci con la forza.
Questo è quello che intendo quando parlo di coercizione nascosta: non faccio male al cane, ma sfrutto la mia superiorità fisica per impormi. Il risultato è uno scontro fisico diretto e continuativo vinto di solito dal più prepotente! Il proprietario è sempre incavolato e il cane non impara assolutamente niente. I cani vanno ascoltati, osservati, compresi e poi…fatevi furbi! Fino a prova contraria quelli superiori in termini di evoluzione siamo noi, dunque se ci mettiamo un po’ d’ingegno è abbastanza semplice fregarli, il problema è che spesso e volentieri ci fa fatica. Volete sapere cosa penso davvero?
Noi ‘sti benedetti cani li tocchiamo troppo! Siamo totalmente incapaci di manifestare loro il nostro affetto senza tocchicciarli continuamente. Questo anche perché spesso sono dei surrogati rispetto alle nostre carenze affettive. Non c’è niente di male in questo, non fraintendetemi! L’importante però è esserne consapevoli e adeguare il nostro atteggiamento di conseguenza.
Hai un meticcio e l’hai preso da cucciolo? Ok, ti perdono, nessuno è indovino e non potevi sapere in quel momento quali sarebbero state le sue peculiarità caratteriali. Hai un meticcio preso da adulto? Perdono te ma non chi te l’ha dato: lui (o lei) avrebbe dovuto saperlo! Hai un cane di razza? No, non ti perdono affatto! Perché se ti prendi un Lagotto Romagnolo per tenerlo sul divano e poi ti lamenti perché ti scava le buche in giardino – permettimi di dirtelo – un po’ te lo sei meritato!
Concludo tornando al concetto dal quale sono partita. Ci sono dei cani oggettivamente più belli, cani oggettivamente più dediti al lavoro e cani oggettivamente più facili da gestire. Pensate alle vostre vere priorità quando sceglierete il prossimo compagno di vita! Questo, per far stare meglio lui e per far stare bene voi: se solo uno dei due beneficia di questo rapporto, che caspita di amicizia è?